Teleri con scene cristologiche

Complesso museale di San Pietro

Antonio Vassilacchi, detto l’Aliense
olio su tela
1593-1594

Terminata la grande impresa del telero della controfacciata (raffigurante l’Albero dell’Ordine benedettino), Antonio Vassilacchi si impegnò con i monaci di San Pietro per la realizzazione di altri dieci grandi tele da porre lungo la navata centrale. Il pittore promise di consegnare cinque quadri perfettamente compiuti entro la Pasqua del 1594; al tempo stesso si impegnò a portare a Perugia i rimanenti cinque solo abbozzati. I primi cinque vennero collocati il 15 aprile 1594; gli altri invece furono terminati in loco con l’aiuto di un collaboratore, da identificare forse con il bellunese Tomaso Dolobella.

L’Aliense rappresentò in ogni tela un episodio della vita di Cristo in primo piano e, sullo sfondo, una scena tratta dall’Antico Testamento, secondo un modello iconografico assai diffuso e utilizzato (ad esempio da Tintoretto nella Scuola di San Rocco a Venezia). Tale impostazione sottolinea in modo efficace come la vicenda terrena di Cristo sia il compimento delle profezie e della Parola contenuta nell’Antico Testamento.

A partire dalla parete destra dell’ingresso, si succedono: La nascita di Gesù e Isacco che benedice Giacobbe, La disputa con i dottori e la regina di Saba ammiratrice della sapienza di Salomone, il Battesimo di Cristo e Naamann guarito dalla lebbra, Le nozze di Cana e il convito di Abramo ai tre angeli, Gesù in casa del fariseo e il profeta Nataan che rimprovera il re Davide per il suo peccato, La resurrezione di Lazzaro ed Elia che resuscita il figlio della vedova Serepta, La cacciata dei mercanti dal tempio e Mosè che spezza le tavole della legge, L’entrata a Gerusalemme e David che vince su Golia, La crocifissione e il sacrificio di Isacco, La resurrezione e Giona salvato dalla balena.

Sull’onda delle prescrizioni tridentine, nella seconda metà del Cinquecento si diffusero grandi cicli pittorici incentrati sulle Storie di Cristo (basti pensare a quello di Orvieto realizzato da Cesare Nebbia e Girolamo Muziano). L’impresa dell’Aliense importa a Perugia un linguaggio artistico aggiornato sui capolavori del tardo Manierismo veneto: nella scena della Disputa, l’influsso di Veronese e di Tintoretto trapela tanto nelle scelte cromatiche, quanto nelle ambientazioni e nella caratterizzazione dei personaggi in primo piano.
 

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