Prudenza e Giustizia con Fabio Massimo, Socrate, Numa Pompilio, Furio Camillo, Pittaco e Traiano
Nobile Collegio del Cambio
La lunetta dipinta che occupa la parete antistante il bancone (o tribunale) del Cambio raffigura, in due gruppi triadici, sei figure esemplari del mondo antico: quattro latine (Fabio Massimo, Numa Pompilio, Furio Camillo e Traiano) e due greche (Socrate e Pittaco). Al di sopra di esse corrono le immagini allegoriche della Prudenza e della Giustizia. Chiaro è il riferimento, introdotto dall’esortazione di Catone Uticense, a tenere comportamenti che siano in linea con le funzioni esercitate nella Sala. La targa retta dall’angelo che affianca l’immagine della Giustizia recita testualmente: “Se gli dei pii generassero tutti simili a questi tre, non vi sarebbe alcun reato, alcun male in tutto il mondo. Quando io vengo onorata, si accrescono i popoli in pace e in guerra e senza di me rovinano le cose che poco prima furono grandi”.
Tra i giusti per antonomasia spicca la figura dell’imperatore Traiano, noto nel mondo antico per l’episodio della madre di un uomo assassinato. Costei, sapendo che il caso sarebbe finito di fronte all’imperatore, chiese con insistenza di essere ricevuta dallo stesso Traiano. Sentendosi rispondere che la sua cosa sarebbe stata esaminata al ritorno dalla guerra dacica, fece nuovamente pressione per avere giustizia in tempi rapidi. A questo punto Traiano, preso da forte senso del dovere, preferì ritardare la partenza pur di assolvere ai propri doveri di giudice supremo. La leggenda, seppur indirettamente, venne resa ampiamente popolare dalla Divina Commedia di Dante Alighieri, il quale vi alluse nel Paradiso e poi ancora nel Purgatorio.